Aprire il Consiglio alle Pari Opportunità (CPO) di Regione Lombardia e l’Assessorato Regionale alle Pari Opportunità al dibattito sui temi che riguardano l’uguaglianza lgbt: le pari opportunità riguardano anche omosessuali, lesbiche e trans e non solo le donne”, è questa la richiesta della Consigliera regionale M5S Lombardia, Iolanda Nanni, intervenuta nel corso della seduta di Commissione Affari Istituzionali tenutasi oggi in maniera congiunta con il Consiglio delle Pari Opportunità presieduto da Ombretta Colli.
“Dopo aver ascoltato il resoconto delle attività svolte da settembre ad oggi dal Consiglio Pari Opportunità, è evidente che in Regione, la parola discriminazione per orientamento sessuale, viene intesa solo come discriminazione verso le donne. I rapporti sul lavoro, sulla violenza, sull’emarginazione, sulle opportunità del Consiglio Pari Opportunità vengono infatti stilati basandosi solo sulla categoria femminile. Non si tiene in alcun conto la popolazione LGBT i cui diritti vanno, al pari, tutelati. Sino ad oggi invece le discriminazioni aventi ad oggetto omosessuali, lesbiche e transessuali sembrano non essere prese in alcuna considerazione dal CPO”, spiega Iolanda Nanni.
“Regione Lombardia – continua Nanni – deve dare un segnale forte, prendere atto dell’esistenza di categorie i cui diritti vengono sistematicamente violati, al pari di quelli delle donne e sui quali è tempo di aprire un dibattito, una programmazione e delle azioni concrete che abbattano il pregiudizio legato a un substrato culturale di arretratezza, non tollerabile. Pensiamo solo al caso dell’omotransbullismo nelle scuole, dei ragazzi che si sono suicidati e che sono purtroppo nella cronaca nera, occorre prevedere corsi di formazione scolastica mirati, attivare le ASL affinchè siano istituiti nelle carceri, come Bollate, dove il numero dei detenuti c.d. “sex-offenders” è elevato, percorsi di recupero e reintegrazione nel tessuto sociale, occorre attivare una collaborazione con l’ente regionale CO.RE.COM affinchè la Regione si faccia carico di lanciare una comunicazione che metta al bando ogni genere di discriminazione”.
“La Presidente del CPO, Ombretta Colli, ha avanzato un progetto di creazione di una “app” per localizzare le donne in difficoltà o che vengono aggredite (ad esempio in sottoscala o parcheggi isolati), “app” che dovrebbe essere collegata alle forze dell’ordine che dovrebbero intervenire “a segnale”. Sappiamo però tutti quanto i tagli alle risorse delle forze dell’ordine siano stati massicci e come tali riteniamo che non vi sia un sistema in grado di rispondere tempestivamente su segnalazione mediante “app”. Per questo esiste ancora il sano e vecchio 113. A cosa serve una “app” quando sappiamo benissimo che la maggior parte dei casi di violenza sulle donne hanno origine domestica e vengono consumati nell’ambito delle mura familiari? Occorre quindi concentrarsi sulla prevenzione attraverso percorsi culturali che devono necessariamente passare attraverso le scuole”, conclude la consigliera del Movimento 5 Stelle.