Oggi con la Commissione Ambiente ci siamo recati in visita allo stabilimento della Montello SpA in provincia di Bergamo. Si tratta di uno dei più grandi impianti di gestione della frazione umida e delle plastiche provenienti dalle raccolte differenziate dei rifiuti urbani.
L’impianto, che occupa 420 dipendenti e lavora 400 mila tonnellate di rifiuti all’anno, è il frutto di un investimento privato di 150 milioni di euro.
Sul sito dell’azienda è possibile trovare una descrizione dettagliata delle lavorazioni che si svolgono nell’impianto (http://joomla.montello-spa.it/it/index.php ).
Le considerazione che ci sentiamo di fare in merito a questa visita è innanzitutto una valutazione complessivamente positiva del processo produttivo dell’azienda.
Degno di nota in particolare è la gestione dell’umido, che attraverso un processo che prevede sia fasi anaerobiche che aerobiche porta alla produzione di compost per l’agricoltura e biogas/elettricità/calore.
Ovviamente il recupero delle frazioni plastiche e organiche è possibile solo in presenza di un sistema di raccolta porta a porta (impensabile con i tradizionali cassonetti). Attualmente a Montello gli scarti della frazione umida arrivano al 10% del rifiuti in entrate, mentre per le plastiche lo scarto è pari al 23%. Questi materiali di scarto vengono inviati ad impianti di con processi industriali ad elevate temperature (cementifici, acciaierie, ecc) per essere bruciati.
Da qui nasce la necessità lavorare affinché le raccolte porta a porta vengano fatte nel miglior modo possibile tramite l’informazione e la partecipazione dei cittadini, per ridurre al minimo tali scarti e migliorare la qualità della frazione umida conferita. Occorre inoltre puntare sulla ricerca affinché si possano trovare nuovi metodi per valorizzare questi scarti e soprattutto per produrne di meno, anche attraverso un’azione legislativa che miri a ridurre le innumerevoli tipologie di plastiche in commercio (di cui solo alcune completamente riciclabili).
L’unico dubbio che ci è rimasto è legato alle dimensioni dell’impianto, che riceve ben il 60% dell’umido prodotto in tutta la regione Lombardia. Andrebbero quindi verificati gli impatti ambientali delle emissioni dei grossi macchinari utilizzati per il recupero di energia.
Forse sarebbe meglio avere impianti con il medesimo processo produttivo ma di dimensioni più contenute e al servizio dei vari territori. Andrebbe infine svolta un’analisi approfondita della qualità del compost conferito in agricoltura, per verificarne l’effettiva compatibilità con le coltivazioni di prodotti alimentari.
Comunque, in conclusione, è stata una visita utile e istruttiva!