Alla luce degli scandali che hanno investito Expo e la Sanità Lombarda in questi giorni è necessaria una riflessione complessiva sulle falle e sulla sostanziale inutilità degli organismi di controllo interni alla Regione.
Non esiste infatti alcun accertamento sui finanziamenti erogati. E’ noto, per esempio, il caso delle funzioni non tariffate e della cosiddetta “legge Daccò” che ha offerto denaro pubblico a strutture private in maniera discrezionale da parte dei politici, con i susseguenti scandali al San Raffaele e alla clinica Maugeri.
Allora alla guida della regione c’era l’inquisito Formigoni. Con Maroni l’aria pestilenziale che si respira in Lombardia non è cambiata, al contrario. Solo il Movimento 5 Stelle ha cercato di abrogare, con diversi atti di indirizzo, la “legge Dacco”, senza alcun sostegno del PD e della Lista Ambrosoli.
M5S Lombardia ha chiesto poi una revisione totale del meccanismo delle nomine. Le stesse nomine che hanno trascinato Expo in un sistema tangentistico. Le stesse nomine che assumono i partiti che governano la Regione, e sulle quali hanno responsabilità totale, e che riguardano i direttori generali delle ASL e degli ospedali, al centro delle inchieste di questi giorni.
Il vizio di fondo di questo sistema sta nella volontà dei partiti di svuotare il Consiglio Regionale dalla possibilità di esercitare la sua funzione di controllo.
Formigoni prima e Maroni oggi hanno fatto in modo che i flussi finanziari dalla Regione alle società regionali, prima tra tutte Infrastrutture Lombarde, non siano né trasparenti né giustificati né rilevabili dai bilanci.
Più di 17 miliardi di esborso pubblico all’anno (pari a tre quarti della spesa corrente regionale destinata al Servizio Socio-sanitario regionale) sono approvati con una delibera della Giunta senza nemmeno un passaggio consiliare o un esame approfondito da parte della terza commissione consiliare.
Quando M5S ha chiesto di cambiare il sistema delle nomine politiche in sanità i partiti hanno bocciato ogni provvedimento, anche la richiesta che i candidati a ruoli di direttore generale in ambito sanitario non avessero subito condanne o risultassero indagati.
Così le nomine vengono fatte dalla Giunta Maroni senza che i rappresentanti dei cittadini possano valutare i curricula. Ogni anno poi, la Giunta esprime un giudizio sulle performance dei direttori generali della sanità sulla base di una serie di obiettivi che risultano viziati dalla compiacenza espressa dagli assessori che li valutano.
Maroni ha annunciato una commissione d’inchiesta che, a suo dire “dovrà valutare se, all’interno del sistema sanitario lombardo, siano accadute le cose che vengono ipotizzate e che ancora devono essere accertate dalla Magistratura”. Questa commissione d’inchiesta dunque sarà un ulteriore ente di controllo che non controllerà nulla perché, come per Expo, si sa già dove si trova l’errore. E’ a monte, nel sistema delle nomine dei partiti. Basterebbe volerlo sradicare. Ma può sradicarlo chi l’ha generato?
Se questa commissione vedrà la luce M5S chiede che almeno tre componenti su cinque siano esterni e possibilmente magistrati contabili della Corte dei Conti.