La sentenza odierna del TAR della Lombardia rivela un’anomalia nell’attribuzione dei poteri all’Anac, col DL 90. Anomalia che abbiamo denunciato, registrando la chiusura delle altre forze politiche, e oggi ne vediamo gli effetti.
In tema di Expo, il commissariamento del solo appalto sotto indagine della Procura non è sufficiente a fare un cambio di marcia rispetto a chi ottiene appalti in maniera illecita, e ha generato confusioni giudiziarie. Con quel decreto e con l’attuale Codice contratti pubblici la situazione che si è venuta a verificare ha dell’assurdo. Perché, commissariando il solo appalto, senza estromettere dai lavori l’azienda che ha vinto illegalmente, lo Stato certifica come più conveniente, comunque, il partecipare in maniera scorretta alle gare pubbliche. E di conseguenza l’azienda pulita continuerà a non ottenere quell’appalto, subendo una distorsione della libera concorrenza che premia gli affari sporchi. A poco conta la confisca degli utili per le spese processuali, se poi quelle aziende continuano ad operare in barba a chi ha partecipato in maniera corretta.
E così ora Expo dovrà pagare circa 1 milione di euro, soldi pubblici, cioè nostri.
Perché non si è riusciti a prevedere, come chiedevamo, che il decreto 90 escludesse dall’appalto l’azienda “toccata” dalla Procura, assegnando con immediatezza al secondo arrivato la titolarità dei lavori? Expo avrebbe potuto estromettere Maltauro, ma senza il passaggio normativo da noi richiesto, l’azienda estromessa avrebbe fatto ricorso e, nel frattempo, in attesa di sentenza, i lavori si sarebbero fermati. E, guardando la questione con gli occhi di chi doveva portare a compimento il cantiere, non si sarebbe arrivati in tempo per Expo.
La politica superficiale dei partiti ha sbagliato più volte. Illudendosi di poter realizzare una grande opera con un Codice appalti come quello attuale, con un tasso di corruzione patologico, e non certo fisiologico, e con un Paese che necessitava di tante piccole opere urgenti. Ma ha sbagliato anche e soprattutto cercando di correggere le miopie politiche, pasticciando con interventi legislativi che dimostrano oggi che, ancora, paga di più vincere illegalmente. Quel milione di euro non dovrebbe essere pagato da Expo coi nostri soldi ma dai partiti politici che hanno sempre voluto e osannato l’esposizione universale, senza mai svolgere un reale supporto di controllo della legalità, nemmeno con gli strumenti di sindacato ispettivo che avrebbero consentito un intervento del Governo risolutivo e non “pasticciato”.
Nell’era in cui nessuno è responsabile di nulla, né di Expo né del dopo Expo, i partiti politici sono i principali colpevoli di questa emorragia di soldi pubblici, incapaci di capire quali sono le reali esigenze del Paese. Paghino i partiti il ricorso vinto dalla seconda in lista.
Silvana Carcano – Portavoce regionale M5S Lombardia