Il 23 maggio una delegazione del M5S formata dai portavoce regionali Silvana Carcano e Giampietro Maccabiani, dal candidato sindaco per Milano Gianluca Corrado, dai parlamentari Paola Carinelli, Vito Crimi, Bruno Marton e Massimo De Rosa e dagli attivisti Monica Forte e Giovanni Navicello, ha visitato il cantiere Expo, incontrando anche l’Ing. Molaioni di Expo Spa e il direttore di Arexpo Marco Carabelli, per verificare lo stato dei lavori di smantellamento dell’area, della messa in sicurezza emergenziale della falda acquifera, delle bonifiche dei terreni e per chiedere delucidazioni sulla sottoscrizione del Protocollo Legalità.
DISMANTLING
Abbiamo verificato lo stato di avanzamento del dismantling rispetto al cronoprogramma, per quanto riguarda i padiglioni stranieri (partecipanti ufficiali), per i partecipanti non ufficiali come Save the children, Intesa San Paolo, Unilever, Perugina, RCS, Don Bosco, Caritas, Franciacorta, McDonald’s, Coca Cola, Alitalia, Food Truck, Coin e OVS, Vankee, CNH, Alessandro Rosso, Federalimentare, WAA, Enel, EuroChocolate, Kinder Ferrero, per i chioschi (Beretta, Swatch, Cruciani, Coca cola, Unilever e MSC Crociere), e per quanto riguarda manufatti chiusi e da mantenere come le architetture di servizio, i cluster, altri chioschi (Oldani, Grom, Illy, Juice Bar, La Piada, Maria Marinoni, Caffarel e Dispensa Emilia) e Slow Food.
Rispetto al cronoprogramma, ci sono diversi ritardi e imprevisti.
Secondo l’accordo Quadro del 2012 Expo avrebbe dovuto riconsegnare i terreni ad Arexpo il 30 giugno 2016, e, contestualmente, i partecipanti ufficiali avrebbero dovuto smantellare i loro padiglioni e riportare i terreni ad uso agricolo entro il 31 maggio, così da lasciare ad Expo un mese di tempo per attività conclusive. Da poche settimane, però, è stato firmato un accordo tra Expo e Arexpo che ha anticipato la riconsegna dei terreni e delle opere realizzate da Expo al primo maggio. Nonostante questo accordo, Expo continua ad accompagnare lo smantellamento dei partecipanti ufficiali dal sito. I primi giorni di novembre sono stati dedicati al ripristino della segnaletica e viabilità del cantiere per lo smantellamento. I partecipanti ufficiali, nella prima fase, hanno realizzato solo attività di trasloco degli interni con la presenza in sito di circa 300/400 operai, con il divieto di accesso a mezzi pesanti. Successivamente, senza mai superare la presenza di 1.000 unità in cantiere si è passati alla fase di smantellamento.
Ad oggi 36 lotti sono ultimati al 100%, per i quali quindi Expo detiene i documenti di avvenuta eliminazione delle fondazioni, delle verifiche di fondo scavo per la qualità dei terreni, del riempimento con materiale da cava e della riconsegna dei terreni in Tabella A. Non sono stati rifertilizzati i terreni, perché non è ancora chiara la destinazione d’uso di quelle aree.
Rimangono ancora 29 padiglioni con diversi livelli di avanzamento di smantellamento in corso. L’Accordo Quadro del 2012 prevedeva, arrivati alla scadenza del diritto di superficie, per i padiglioni ancora non smantellati l’istituzione di una Commissione per la valutazione dei costi da aggiungere per la conclusione dei lavori. Nell’aggiornamento dell’Accordo Quadro si è eliminata la Commissione, Expo e Arexpo hanno quantificato, secondo una stima, un aggravio di costi per un totale forfettario di 3,8 mln di euro. Questi costi aggiuntivi, dovuti alla previsione che alcuni padiglioni potranno rimanere non smantellati dai Partecipanti (es. fallimento del Consorzio che ha realizzato il padiglione degli Stati Uniti), verranno scalati dai 75 mln di infrastrutturazione che Arexpo deve ad Expo.
Per i partecipanti non ufficiali, esistono solo due eccezioni richieste da Arexpo stessa. Intesa ed Euro Chocolate, infatti, si trovano collocati sopra delle architetture di servizio e per evitare che Arexpo dovesse poi rifare le coperture delle aree service è stato chiesto alle due società di rinviare l’inizio dello smantellamento per evitare aggravi di costi in capo ad Expo.
Vi sono poi due situazioni di insolvenza, KIP e CCUP, che sono gestite per evitare nuovi aggravi, ma la situazione è in corso.
Per i Cluster, manufatti da mantenere, per il Fast Post Expo viene solo rifunzionalizzato il cluster Cereali, ma al momento non è stato ancora deciso il loro utilizzo.
L’ASL avrebbe contestato solo a Corea e a Russia nella fase iniziale dello smantellamento alcune irregolarità, risolte successivamente, tanto che ormai i due padiglioni sono stati rimossi.
MISE
Il MISE (messa in sicurezza emergenziale della falda acquifera) è ancora in corso. Il rischio è che si sia già in’infrazione.
La situazione, infatti, è chiara: né Expo, né Arexpo devono pagare l’attività di pulizia della falda acquifera inquinata da un privato. In particolare, la contaminazione prodotta dalla ex Weiss viene per la prima volta individuata nel 1999, per lamentele dei cittadini dovute ad esalazioni provenienti dallo scavo del collettore fognario in costruzione. Successivamente, i tecnici dell’Asl comunicavano al Sindaco del Comune di Bollate, allora Autorità competente, che la causa delle esalazioni era da ricondurre ad una contaminazione dei terreni da solventi clorurati e chiedevano al Comune di attivarsi affinché venissero intrapresi i dovuti provvedimenti per avviare la bonifica dell’area. L’origine della contaminazione fu successivamente individuata nell’area ove era collocato il deposito di sostanze chimiche della ex Weiss. Il Comune di Bollate chiedeva pertanto alla SET Telecomunicazioni (proprietaria dell’area ex Weiss) la presentazione di un piano della caratterizzazione che veniva inviato dalla Brenntag Spa, nel frattempo subentrata alla Set Telecomunicazione nella proprietà dell’area ex Weiss. Il Comune di Baranzate, di nuova costituzione, subentrava a quello di Bollate nel procedimento come Autorità Competente e richiedeva l’esecuzione di un nuovo campionamento delle acque in contraddittorio con Arpa, i cui risultati evidenziavano il permanere di una elevata contaminazione da composti organo alogenati. A seguito di questi e di ulteriori controlli nel corso del 2009 veniva richiesta ripetutamente da parte di Arpa e dagli altri Enti coinvolti la predisposizione di una barriera idraulica a valle dell’insediamento a protezione della falda, che veniva avviata nel marzo 2010 dalla Brenntag S.p.a. Nel frattempo, riguardo alle acque sotterranee, sia ASL che ARPA evidenziavano che lo sbarramento idraulico in funzione non appariva sufficiente, ed ARPA ne richiedeva l’ampliamento mediante l’inserimento di un nuovo punto di captazione nella barriera idraulica. Nel maggio 2015 Regione Lombardia approvava la proposta presentata dalla Brenntag S.p.a. di potenziamento della barriera idraulica. Ma i controlli effettuati sulla barriera già implementata evidenziavo ancora il superamento dei limiti tabellari delle acque sotterranee in uscita dal sito.
Per quanto attiene all’individuazione delle altre fonti di contaminazione, nel corso del 2014 e 2015 Arpa ha proposto in più occasioni a Regione Lombardia l’effettuazione di ulteriori accertamenti al fine di aggiornare lo stato di contaminazione della matrice terreno presente al di sotto della Via Belgioioso e negli ambiti limitrofi. Nel febbraio 2015 in un incontro convocato da Regione Lombardia venivano condivise ulteriori azioni da adottare per il contenimento degli inquinanti in falda, a seguito della valutazione tecnica inviata da Arpa nel gennaio 2015. Nello specifico veniva richiesto ai Comuni di Baranzate e Milano e a Città Metropolitana di “Attivarsi per definire le azioni necessarie per l’individuazione delle sorgenti di contaminazione”.
Nonostante tutto questo pregresso e queste informazioni, si è arrivati all’apertura di Expo con la falda acquifera inquinata, tanto che Expo spa ha dovuto mettere in funzione l’impianto di sicurezza.
Per questo abbiamo chiesto ai rappresentati di Expo ed Arexpo, così come già sottolineato al dott. Grando il 2 maggio, di impegnarsi a mettere in mora le società responsabili dell’inquinamento per tutelare gli interessi e la salute dei cittadini, bloccando la prescrizione e attivando tutto ciò che è nelle loro possibilità per evitare che questa depurazione delle acque venga effettuata con soldi pubblici.
BONIFICHE
Rispetto ai dati di cui disponiamo, risulta che i 72 mln richiesti dall’ex AD di Expo Giuseppe Sala ad Arexpo non contemplano le analisi di laboratorio Arpa per un costo di 290.620,36 euro, i costi di pre-bonifica di 548.369,10 euro, i costi di gestione e assistenze perché ancora da quantificare e gli oneri istruttori di 13.816 euro; per un totale di 852.805,46 euro, l’ing. Molaioni di Expo ci ha fatto sapere che quei costi sono costi di pre-progettazione che prescindono dalla presenza o meno di bonifiche. Risultano però non comprese le spese Arpa; l’ing. Molaioni si è preso l’impegno di verificare quanto affermato.
PROTOCOLLO LEGALITÀ
Purtroppo, nonostante la mozione approvata all’unanimità a novembre 2015 da parte del Consiglio Regionale che chiedeva ad Arexpo di sottoscrivere il Protocollo Legalità, nonostante i nostri solleciti al nuovo Prefetto Marangoni, ad oggi non è stato firmato il Protocollo. A tale riguardo, Arexpo segnala di essersi già attivata presso il Ministero dell’Interno con la richiesta di attivazione del Protocollo di Legalità, per le stesse finalità condivise durante EXPO.
Arexpo informa altresì di aver già attivato più bandi pubblici onerosi. Uno riguardante l’appalto della ristorazione per il Fast Post, concluso, un altro per la locazione del Cluster Cereali per il periodo del Fast Post Expo e un altro ancora per il coordinamento, la progettazione, l’organizzazione, la realizzazione e promozione del palinsesto degli spettacoli al c.d. Open Air Theatre.
SICUREZZA DI CANTIERE E PIANI DI EMERGENZA
Un altro scopo della nostra visita ispettiva era verificare che venissero rispettate le norme in materia di sicurezza sul lavoro e che si trovasse riscontro pratico a quanto disposto dalla stessa società Expo spa nei propri piani di emergenza, il Piano di emergenza dismantling e il Piano di coordinamento emergenza dismantling.
Al nostro arrivo ci sono stati correttamente forniti tutti i dispositivi di protezione personale (elmetto, gilet ad alta visibilità, scarpe antinfortunistiche). Sul cantiere, tuttavia, alcuni operai non indossavano gli stessi dispositivi di protezione individuale. Abbiamo poi avuto modo di verificare, e lo abbiamo fatto notare ai responsabili, due inadempienze in tema di sicurezza sul lavoro: un operaio che lavorava in quota sprovvisto di imbragatura per il corpo e dispositivi di ancoraggio e un cavo elettrico poggiato a terra lungo vie di passaggio. Le segnalazioni sono state prontamente recepite da Arexpo con la conseguente indicazione ai lavoratori.
In relazione ai Piani di emergenza, non ci sono stati mostrati, sebbene lo avessimo chiesto, i “pieghevoli informativi nelle lingue italiano, inglese e francese” che avrebbero dovuto essere stampati ed esposti al fine di rendere la diffusione e la conoscenza delle procedure di emergenza più semplice, capillare e comprensibile ai lavoratori del cantiere. Avevamo inoltre chiesto di vedere la cartellonistica identificativa delle aree sicure rispetto agli scenari da incidente in azienda a rischio chimico industriale rilevante (R.I.R.). Come è noto, infatti, adiacenti all’area del sito Expo ci sono due aziende R.I.R. (Ecoltecnica e Dipharma Francis) la cui presenza impone la predisposizione della cartellonistica di cui sopra. Nonostante fossimo nell’area in cui avrebbero dovuto trovarsi i cartelli, non li abbiamo trovati.
Una volta rientrati al campo base ci è stato garantito che sono presenti i cartelli delle aree sicure; inoltre ci è stato comunicato che, come già accaduto durante l’evento, l’attuazione delle procedure di emergenza è affidata ad una squadra di emergenza presente sul sito.