Sono quasi 70 mila i lavoratori frontalieri italiani che ogni giorno attraversano il confine per lavorare in Svizzera, 62 mila solo nella zona del Canton Ticino, principalmente cittadini lombardi delle province di Como e Varese. Davanti a certe dinamiche sociali ed economiche, la politica di casa nostra non ha mai saputo dare risposte preventive, e ora ci troviamo di fronte al referendum svizzero “Prima i nostri”, sostenuto dal partito nazionalista elvetico e dalla Lega dei ticinesi, che con il 54% dei Sì ha sancito che i residenti del Cantone Ticino devono avere la precedenza nell’assegnazione dei posti di lavoro. Ma la questione dei lavoratori frontalieri esiste da tantissimi anni e il dialogo che ora Maroni chiede con il Ticino arriva in gravissimo ritardo, mettendo a rischio il lavoro e le vite di migliaia di cittadini lombardi. La realtà è molto più complessa e non può essere ridotta, come da propaganda svizzera, al solo problema dell’abbassamento dei salari di alcuni lavoratori italiani in Ticino (i dati dicono che gli stipendi degli italiani sono inferiori del 7/8% rispetto ai colleghi svizzeri – fonte Ustat). Il cuore del problema, in realtà, è che tantissime grandi aziende ricercano in Italia professionalità che in casa non riescono a trovare e formare. Non dimentichiamoci di come sia stata la stessa Svizzera, con il bando Copernico del Cantone Ticino, a tentare di portare sul suo territorio le aziende italiane. L’imprenditoria italiana è straordinaria, gli svizzeri lo hanno capito bene, mentre il nostro governo non sa fare altro che aumentare la pressione fiscale. Gli svizzeri vorrebbero acquisire il know-how italiano, accogliendo le nostre PMI sul loro territorio e garantendogli importanti vantaggi fiscali e certezze per il futuro. E’ l’ennesima dimostrazione di come il governo italiano non sia in grado di prendersi cura delle nostre eccellenze!
Il referendum svizzero, se da un lato rappresenta uno splendido esempio di democrazia e partecipazione dei cittadini, dall’altro mette a nudo l’inerzia politica di Maroni e del governo, sia sul tema frontalieri, sia sulla gestione dell’emergenza immigrati a Como, che di certo ha acuito il sentimento svizzero anti-italiano. Senza la presenza di un’amministrazione lungimirante, italiani e svizzeri finiranno per farsi una guerra insensata, uno scontro campanilista e ideologico che può solo peggiorare le cose e che sicuramente non sarà la soluzione a una dinamica economico-sociale che riguarda entrambe le parti. Ieri Renzi era a Milano ma non ha degnato i lavoratori frontalieri di una risposta. In compenso, ha annunciato la realizzazione di una opera faraonica miliardaria mentre era ospite, guarda caso, di un’azienda privata di costruzioni. Ribadiamo a gran voce che la politica non è la fiera degli annunci né la difesa degli interresi di circoli privati, ma il saper prendersi cura del bene comune e dare risposte concrete alle esigenze e ai problemi dei cittadini. Per questo chiediamo al Governo di intervenire immediatamente per sanare una crisi di cui sono corresponsabili e di attivarsi subito per tutelare i nostri connazionali, lavoratori che hanno sempre operato con professionalità arricchendo, economicamente e culturalmente, la Svizzera (dove tra l’altro hanno pagato regolarmente le imposte).
Stefano Buffagni – Portavoce Regionale del M5S Lombardia