Le recenti difficoltà del processo di aggregazione delle 12 società che gestiscono il servizio idrico integrato in provincia di Como in un’unica società pubblica sono sfociate ieri nella bocciatura della proposta di fusione da parte dell’assemblea dei soci. La situazione è davvero molto preoccupante. I cittadini del Comasco sono stati lasciati da soli di fronte alle grandi holding dell’acqua. L’acqua ancora una volta è stata merce di scambio elettorale tra i partiti.
Fino ad oggi Como Acqua è stata una chimera vittima di imboscate in questo o quel Comune nella lotta intestina che dilania PD, Forza Italia e Lega. Costituita nel 2014 per divenire la società pubblica che gestisce unitariamente il servizio idrico, non è mai decollata, vittima dei paladini che tentano di bloccare il processo per favorire gli interessi delle società quotate in Borsa.
Ora tutti gli attori in campo devono fare il massimo per scongiurare la prospettiva che a gestire il servizio siano società quotate in borsa, con logiche di profitto che nulla hanno a che vedere con gli interessi dei cittadini!
Ma allo stesso tempo la fusione degli attuali player in un’unica società pubblica in house di per sé non è sufficiente a garantire gli interessi dei cittadini e il rispetto dello spirito referendario del 2011.
Con il referendum i cittadini si sono espressi in modo molto chiaro: vogliono acqua pubblica e senza profitto. Eppure l’acqua genera ancora dei profitti enormi in Lombardia. Esempi in questo senso sono CAP Holding e Brianzacque. A Monza e in Milano provincia utilizzano il metodo della società pubblica. Le tariffe sono basse (per motivi di conformità fisica del territorio) e se fai pagare un centesimo in più ogni metro cubo d’acqua nessuno si accorge. Stiamo parlando di quasi mezzo miliardo di euro di fatturato solo per queste due società. Si tratta di acqua dei partiti in cui il cittadino paga e basta.
Cap Holding è addirittura vittima di logiche finanziarie che l’hanno portata a quotare un bond da 40 milioni di euro in Irlanda e regalare soldi agli istituti finanziari con contratti derivati che a nostro giudizio sarebbero da portare in Tribunale (http://gianmarcocorbetta.it/2015/11/contratti-derivati-cap-subito-azione-risarcitoria/).
In Brianzacque, nata dalla scelta dell’ATO di affidare il servizio idrico a una società priva dei necessari requisiti, vige la carenza di un effettivo controllo analogo, con effetti paradossali come quello di un Presidente che si prende uno stipendio illegittimo!
ACSM – AGAM fino a quando gestiva l’acqua a Monza faceva più margine che con il gas e con rischi pari a zero.
L’acqua è ormai diventata la mucca da mungere, senza reali possibilità di controllo da parte dei consiglieri comunali e tanto meno dei cittadini, nonostante la natura pubblica di molte di queste società. Difatti hanno regole tali per cui nessuno controlla e il cittadino non può in alcun modo partecipare alla definizione degli indirizzi gestionali.
L’unica soluzione per evitare queste distorsioni della volontà popolare espressa con il referendum del 2011 è quello di dotare Como Acqua della natura giuridica di Azienda Speciale.
Per il movimento referendario la forma di gestione ideale del servizio idrico è proprio questa, l’azienda speciale, ente pubblico strumentale dell’ente locale (Comuni), senza scopo di lucro. La forma di gestione in house, invece, essendo affidata a enti di diritto privato, seppur a totale partecipazione pubblica, comporta che la società che gestisce il servizio abbia tra i suoi fini quello del lucro.
A questo occorre aggiungere che il controllo analogo, che dovrebbe essere dello stesso livello di quello che il Comune esercita sui propri servizi, in realtà nelle società in house è molto annacquato. Senza contare che gli obblighi di trasparenza ai quali dovrebbero essere tenute queste società vengono molto spesso elusi.
Queste sono le amare conclusioni a cui siamo giunti dopo anni di battaglie in difesa dell’acqua pubblica in Lombardia.
I partiti spesso si oppongono alla costituzione di Aziende Speciali adducendo problemi legali e complicazioni burocratiche. Insomma secondo loro non può funzionare. Certamente non è funzionale a facili ruberie perché l’Azienda Speciale avrebbe un controllo più esteso e “si correrebbe il rischio” che qualche cittadino rompiscatole ficchi il naso nelle loro attività.
La nostra proposta è quindi di costituire una azienda speciale di ambito provinciale per la gestione del sistema idrico che abbia la piena proprietà delle reti e i cui soci siano solo i comuni. La frammentazione nella gestione del servizio, con tutte le diseconomie del caso e la mancata programmazione di investimenti e interventi di preservazione della risorsa idrica, non è più accettabile. L’assemblea dei soci – composta dai consiglieri comunali dei comuni soci – nomina gli organi aziendali. Le attuali società che gestiscono singoli segmenti del ciclo devono conferire i rami di azienda interessati nella azienda speciale e ricevono in cambio una porzione di proprietà dell’azienda speciale consortile. Senza fusioni, conguagli in denaro, avviamento, utili prospettici, scambi di quote, scatole cinesi, holding e altre diavolerie che preferiamo lasciare a chi vuole giocare a fare il piccolo finanziere coi beni dei cittadini.
Pubblicizzare realmente il servizio è possibile oltre che doveroso. E’ una delle nostre stelle e la difenderemo fino all’ultimo. I cittadini, e non i partiti, devono essere i protagonisti assoluti della gestione di questo prezioso bene comune!
Gianmarco Corbetta, consigliere regionale del M5S Lombardia