Massimo De Rosa, nato a Milano nel 1979, ha una figlia piccola, è laureato in Scienze Tecnologie Ambientali. Nel 2013 è stato eletto alla Camera dei Deputati per il Movimento 5 Stelle e qui è stato Vicepresidente della Commissione Ambiente. Nel 2018 è stato eletto in Lombardia come Consigliere Regionale ed è Segretario della Commissione Territorio ed Infrastrutture.
Visto il suo impegno nel settore del Territorio e dell’Ambiente la prima domanda che le rivolgiamo riguarda i roghi di depositi di rifiuti che sono stati alla ribalta della cronaca in questi mesi e un suo giudizio sulla gestione e implementazione degli inceneritori.
In merito alla gestione dei rifiuti, l’analisi deve essere effettuata su scala nazionale. Ad oggi abbiamo una situazione sbilanciata, con un sevizio di smaltimento efficiente in alcune Regioni, come ad esempio la Lombardia, e meno efficiente in altre. Per questo motivo non possiamo pensare di chiude gli inceneritori dall’oggi al domani perché così facendo rischieremmo di mettere in difficoltà alcune regioni e di conseguenza crisi l’intero sistema.
Bisogna ragionare a livello paese e non delle singole regioni, non è sufficiente affermare: “Faccio gli interessi dei Lombardi” perché se metto in crisi il sistema Paese, anche i cittadini lombardi ne subiranno le conseguenze di riflesso. A mio avviso è necessario monitorare gli inceneritori già esistenti in Lombardia per renderli il più efficienti possibile, poi, gradualmente, diminuire la loro portata. Allo stesso tempo lavorare affinché le Regioni si dotino di impianti sostenibili e cali la produzione dei rifiuti. Poi saremo pronti per dismettere gli inceneritori del tutto, per arrivare ad una quota minima che in futuro potrà utilizzare anche nuova tecnologia.
L’attuale sistema, con le sue storture, non può reggere nel lungo periodo. Pensiamo ad esempio ad un caso limite per cui oggi utilizziamo il petrolio per produrre dei sacchetti di plastica, invece di utilizzarlo per produrre prodotti più importanti come per esempio quelli medicali. Magari, tra 100 anni, i nostri figli dovranno ancora gestire i problemi di smaltimento dei sacchetti di plastica, che nel frattempo avranno invaso gli oceani, però avranno penuria della materia prima petrolio che magari servirebbe loro per produrre prodotti medicali. Se ci pensiamo è assurdo.
In questo scenario si inseriscono contemporaneamente altri fattori. Come ad esempio il fatto che nel tempo sono statali smantellati i controlli: il Corpo Forestale è in via di riorganizzazione, la Polizia provinciale è diminuita, non esistono più i corpi specializzati. Non solo sono tolti i finanziamenti agli enti, che hanno le nuove assunzioni bloccate da anni, sono stati tolti finanziamenti a enti come ARPA ed ISPA, il cui ruolo di controllore indipendente, viene spesso sacrificato agli interessi della politica.
C’è quindi carenza di personale e di strumenti tecnici e di preparazione delle persone. In questo scenario ha vita facile ad insinuarsi il pensiero criminale: “se ho la possibilità di dar fuoco ad un capannone, guadagnare qualche milione di euro, senza correre rischi e se va bene paga l’assicurazione” si capisce come mai vi sia stata un escalation così marcata di roghi di rifiuti in questi ultimi anni. Non si tratta solamente di mafia o malavita organizzata, ma anche delinquenti comuni. Tentati magari dalla possibilità di facili guadagni.
Per contrastare questo fenomeno nel pavese hanno messo in piedi una vera e propria task force: un nucleo ambiente, coordinato dal prefetto che ha messo insieme vigili del fuoco, ARPA, polizia locale ecc. Gli agenti sono stati formati per effettuare controlli specifici, senza avvisi preventivi. Risultato? Su trenta controlli portati a termine hanno redatto trenta verbali di sanzioni. Di cui 9 penali.
Noi chiediamo che questo modello sia applicato a tutte le provincie lombarde.
Un antidoto, un’alternativa, agli inceneritori può provenire anche dall’economia circolare. Per cominciare bisogna esaminare il ciclo vita dei prodotti. Dobbiamo indirizzare la filiera a far sì che quando i prodotti arriveranno a fine vita siano riutilizzabili nelle loro singole componenti. Per esempio un apparecchio elettronico lo smonti e riutilizzi i singoli pezzi, in modo da contrastare l’obsolescenza anticipata. L’ideale quindi è arrivare a produrre oggetti riparabili o scomponibili e riutilizzabili. In questo modo cancellare dalla produzione tutti gli imballaggi inutili. Viceversa un’altra ipotesi potrebbe essere quella di caricare i costi sugli imballaggi, di modo da disincentivarne la produzione da parte delle imprese stesse, ma al momento si tratta solo di ipotesi.
Parliamo adesso di un altro grande tema legato all’ambiente e alla mobilità e cioè la qualità dell’aria. Noi in Pianura Padana siamo sempre a rischio infrazione rispetto ai parametri europei, c’è una possibile soluzione a questo problema?
Il problema è molto complesso. Non esistono soluzioni immediate. Purtroppo. Serve invece una visione pluriennale, capace di mettere il bene collettivo al primo posto.
L’inquinamento dell’aria è dato da molteplici fattori. Il primo è quello ambientale, in Pianura Padana l’aria circola poco e facilita la concentrazione di smog. Non si tratta solo dell’inquinamento imputabile alla circolazione delle auto, vi sono anche ad altri fattori come l’agricoltura, l’allevamento, le aziende, il riscaldamento domestico.
Anche le fonti alternative di calore possono diventare dei problemi. Per esempio non si dovrebbe incentivare a livello nazionale i pellet in modo indiscriminato, perché utilizzare biomasse legnose funziona per esempio nelle campagna, dove c’è già la materia prima, ma se devo importarle, inizio ad innescare un inquinamento da importazione. Inoltre, in città, dove la caldaia viene controllata tutti gli anni, non si possono mettere stufe a pellet solamente con l’intenzione di prendere gli incentivi perché nei primi anni la caldaia può essere anche efficiente, ma se poi non ha più nessun controllo obbligatorio e se non funziona correttamente le emissioni sono peggio di quelle di quaranta automobili. Non vorrei finissimo per finanziare un mercato che poi ci porterà più inquinamento di prima, anche perché una volta che si è formato un mercato tornare indietro è difficile.
Per altri interventi, come il blocco del traffico, penso siano una cosa più che altro simbolica. Sarebbe meglio spingere allora sul trasporto pubblico.
Un altro tema connesso strettamente a quello dell’ambiente e consumo di territorio, è quello delle grandi opere. Il Movimento 5 Stelle è stato additato come quello che non vuole le grandi opere ed il progresso….
Ci siamo recentemente espressi su questo tema. Dobbiamo spendere soldi pubblici per realizzare le opere che servono realmente ai cittadini, non realizzare opere pur di spendere i soldi dei cittadini.
Se si parla di grandi opere come il TAV, analizzando i dati reali, sappiamo per certo che il progetto è molto indietro e non c’è certezza di quali siano i vantaggi né per il trasporto persone che per quello merci, di contro però sicuramente sappiamo che creerà dei danni all’ambiente. Su questo tipo di progetti siamo contrari, ma per altre opere, come quelle per cui i lavori sono in uno stato di avanzamento tale per cui fermare tutto arrecherebbe un danno superiore ad ogni eventuale beneficio, è inutile prendersi in giro e far finta di essere contro per alimentare il teatrino della politica, li purtroppo non si può fare molto.
Il problema a mio avviso è alla base. Le grandi opere, così come quelle minori, andrebbero concordate con il territorio e non calate dall’alto dalla politica. Se io vado a discutere con i Sindaci e questi sono d’accordo, se cambia la gestione magari poi c’è un sindaco contro e mi ritrovo daccapo. Se invece le opere sono concordate con il territorio e i cittadini le vogliono, qualsiasi sia il sindaco questo dirà di si. Non bisogna scegliere le opere in base alle esigenze politiche, perché poi il rischio è di sprecare i pochi soldi che ci sono per opere inutili.
Concludiamo la nostra intervista con la consueta richiesta di lasciare un messaggio per i lettori di Milano Sparkling Metropolis.
Il mio invito è quello di avere il coraggio di combattere le proprie battaglie sino in fondo, sempre credendoci perché si può incidere davvero, se ci si crede veramente.
Ho visto anche nella mia esperienza,che anche piccole battaglie locali possono poi portare a grandi cambiamenti anche a livello nazionale. Quindi l’invito è quello ad impegnarsi e non pensare: tanto non è un mio problema, tanto se ne occuperà qualcun altro
Articolo originale: https://milanosparklingmetropolis.blogspot.com/2018/12/new-le-interviste-milanosparklingmetrop.html