E’ incredibile quanto la finzione del trucco possa essere drammaticamente realistica. Quando mi sono guardata, sono rabbrividita al pensiero che tante donne possano essere ridotte in questo stato e, ciò nonostante, non denunciare il loro carnefice. La campagna Victims of beauty, promossa dalla Camera Nazionale della Moda Svizzera, a cui ho partecipato senza alcuna esitazione, è mirata proprio a sensibilizzare le donne che subiscono violenze fisiche, sessuali e psicologiche, a denunciare senza subire passivamente. Sembra incredibile ma dal rapporto stilato dall’Unione Europea, emerge che otto donne su dieci non denuncino le violenze subite e che una donna su tre, dall’età di 15 anni in poi, abbia subito forme di abusi fisici e solo il 14% di loro, li abbia denunciati. L’Italia, secondo il rapporto UE, è in testa alla drammatica classifica in Europa, insieme ai Paesi dell’Est, per tassi di violenza e molestie perpetrati sulle donne ed è quindi necessario mantenere alta l’attenzione affinché si instauri nelle donne una nuova consapevolezza e negli uomini una diffusa sensibilità contro questo vergognoso e terribile fenomeno che spesso trova il suo apice con il barbaro omicidio delle vittime. E’ infatti prioritario agire sul modello culturale del nostro Paese, che ha un baricentro ancora troppo spostato su una cultura di stampo maschilista. Non c’è classe sociale, né area geografica del nostro Paese che ne è indenne e dunque le Istituzioni e chi le rappresenta devono lavorare con costanza e determinazione per fermare questa piaga, creando percorsi di educazione, protezione e legislazione che garantiscano a queste donne non solo di denunciare, ma anche di trovare rifugio, aiuto ed accoglienza, nonché di poter vivere sapendo che gli uomini di cui sono vittima, siano assicurati alla giustizia ed allontanati per sempre da loro. In Italia c’è ancora tanta strada da fare in questo senso. Il “decreto sul femminicidio” (D.L. n. 93/2013 convertito in Legge 15 ottobre 2013, n. 119) è stato un primo importante passo, prevedendo un inasprimento delle pene e l’inserimento di misure cautelari, ma l’apparato normativo non è ancora sufficiente in quanto molti centri antiviolenza segnalano ritardi nella trasmissione della notizia di reato alle Procure, lasciando la donna priva di tutela proprio nel momento di massimo rischio per la sua incolumità e, spesso, anche per quella dei suoi figli. Inoltre, gli stessi centri antiviolenza non ricevono sufficienti risorse pubbliche per far fronte alle numerose vittime di violenza. Diventa quindi fondamentale dedicare risorse e promuovere percorsi educativi contro la violenza e la discriminazione di genere, a partire dalle scuole che hanno un ruolo determinante per la prevenzione e il contrasto dei femminicidi e delle violenze sulle donne. Per questo il M5S ha presentato una proposta di legge nazionale per introdurre nelle scuole secondarie corsi di educazione all’affettività e alla sessualità consapevoli, nonché finalizzati a contrastare il bullismo omofobico.
Iolanda Nanni – Portavoce Regionale del M5S Lombardia