Due domande al Presidente Renzi.
La prima è semplice: in che modo il Governo userà i 50 mln per entrare in Arexpo? È consapevole il nostro premier che a noi è tutto molto chiaro e che Fondazione Fiera non può essere sollevata da responsabilità private con soldi pubblici? Il Palazzo della Procura è comodo da raggiungere dal Pirellone.
La seconda è più articolata.
Dopo gli annunci dello stesso presidente Renzi al Teatro Piccolo di Milano della scorsa settimana, il Consiglio dei Ministri, col decreto legge n. 90 del 25 novembre, ha stanziato 80 dei 150 milioni per il polo di ricerca scientifica che sorgerà sui terreni dell’Expo, dove un posto d’onore verrà riservato all’IIT di Genova, il prestigioso Istituto Italiano di Tecnologia, nato nel 2003 per volontà di Giulio Tremonti e di Letizia Moratti.
Un progetto messo in campo senza passare dalla “Cabina di Regia”, istituita a settembre per affrontare le tematiche e i piani d’azione del post Expo, in cui siedono tecnici di Governo, di Regione Lombardia e del Comune di Milano.
Progetto affidato, invece, al nuovissimo “Comitato guida”, di non chiara composizione e con obiettivi non evidenti (esiste un atto di istituzione?), di cui fanno parte anche i rettori di Statale e Politecnico di Milano, aggiunti
Ma dietro le decisioni politiche prese a tavolino, che generano inquietudini in tutti i soggetti pronti a lavorare seriamente al dopo Expo, dietro le parole e le illusioni di Renzi, dietro la mancanza di contenuti e di un concreto studio di fattibilità, si nasconde una verità inquietante, di cui nessuno parla.
L’IIT è un centro di ricerca che produce brevetti e pubblicazioni scientifiche, ospitando importanti scienziati italiani. Certamente un’eccellenza, ma pur sempre una fondazione privata. Viene spontaneo chiedersi allora, semplicemente in qualità di cittadini italiani, perché una fondazione privata dovrebbe ricevere una marea di finanziamenti, entrando da protagonista nella partita Expo, mentre la ricerca scientifica pubblica agonizza in una mancanza strutturale di risorse? Bene hanno fatto i rettori di Statale e Politecnico a puntare i piedi, anche se la mossa del “Comitato guida” pare essere solo un contentino a fronte di una strategia più grande già pianificata ai piani più alti.
Fantasia? Noi crediamo di no. Anche perché la nostra expertise sul tema aziende e finanziamenti pubblici è costellata più di fallimenti che di casi vincenti. Di buchi neri da cui i nostri soldi non sono più tornati. E in questo caso sembra di essere di fronte al solito schema italiano: fa impresa solo chi ha i giusti appoggi politici. Parliamo di ricerca scientifica, anche farmaceutica, che ha una rilevanza pubblica ma viene gestita secondo le logiche private e quindi incentrate sul profitto, dove sono coinvolte le solite enormi multinazionali: Glaxosmithkline, Novartis, Unilever, etc.
È questa l’eredità che ci lascerà l’Expo che doveva“Nutrire il pianeta”? È questa l’eredità dell’Expo dei diritti e delle pari opportunità? Un colpo di mano della lobby farmaceutica, avallata dal nostro Governo, per non rimanere fuori dai giochi. Altro che pari opportunità. Si ostinano i politici che vivono solo nel loro presente, che pensano solo ai loro interessi, ad assecondare il gioco delle grandi corporazioni nonostante davanti agli occhi abbiamo un modello economico ormai arrivato al capolinea, che ha dimostrato di generare enormi contraddizioni, gravi povertà, impoverimento di principi e un’iniqua giustizia sociale. Una società spaccata in due, con i super ricchi da un lato e super poveri dall’altro.
Avevamo l’opportunità di dare un segnale con Expo e l’abbiamo persa, perché per fare le cose in grande abbiamo fatto entrare Mc Donald’s, Coca Cola, Monsanto & Co e le loro laute sponsorizzazioni. Ora il post-Expo ci offre un’altra chance, ma se queste sono le premesse, la stiamo accartocciando e buttando via.